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Il Sentiero Dimenticato

SVART - Il Sentiero Dimenticato
(2019 - Masd Records)voto:
Nel Black Metal l’Italia ha sempre potuto vantarsi di possedere diversi mágoi, capaci di creare notevoli atti di misticismo, ma può vantarsi ulteriormente di aver dato vita a quella che forse ad oggi si può reputare una delle poche incarnazioni della teurgìa, ovvero gli Svart.
Comporre musica equivale a esplorare le vie della realizzazione del sé, nell'ottica di un'intima ricerca gnoseologica il cui scopo ultimo è quello di soddisfare un primitivo bisogno di liberazione dall'opprimente razionalismo della società contemporanea; un mondo del tutto personale ed enigmatico, fondato sulla capacità di scomodare le figure più altisonanti del mondo "nascosto" per muoverli a piacimento all'interno del proprio ossimoro di pantomimica musicale chiamato “Il Sentiero Dimenticato”.
Gotico. Esiste parola più abusata in ambito musicale, letterario ed artistico? Il fascino originale per soggetti che sono identificati in oscure figure indissolubilmente legati da storie d'amor e morte s'impadronisce di una connotazione atmosferica e sentimentale che supera una vera e propria manifestazione fisica, creando i presupposti per estendere il termine a tutto ciò che riesce ad evocare tali sentimenti e sensazioni.
È praticamente impossibile immergersi in quest'album e scindere se stessi dall'oscurità che esso crea; tutto il mondo dell'invisibile è stato coinvolto per officiare alla causa: dalle stregonerie più occulte ai paesaggi più disparati e mozzafiato dello Stivale. Eppure in questo mondo di magi che è il Metallo Nero, mondo che si fonda su talismani, gesti liturgici, offerte, formule, i teurgici Svart riescono a distaccarsi da tutti perchè incarnano la gnôsis, la conoscenza della vera essenza degli dèi; solo essi riescono a comunicare con il divino e con il grado supremo dell'invisibile.
La magnifica mistura di metal estremo e musica classica sinfonica permea tutto il percorso dell'album distinguendosi per qualità da tutto il resto del black metal sinfonico che si respira nel Paese: violente cariche sonore che si trasformano in degli inni contro la Luce, con le acque si placano giusto per un volo verso l'alto, scrutando il panorama dell'impero che si sta costruendo; un impero costruito sotto quel paradigma del Tutto che verrà per sempre ricordato come caos controllato.
Un'ispirazione che non concede tremiti di cedimento né si impolvera di influenze eccessivamente palesi, ma che splende, pur se nella dovuta penombra rarefatta di un classico background da romanticismo inglese (al Manfred di Byron, per intenderci), e non pesa minimamente. Non è sorprendente? Sembra quasi di essere noi la melodia musicata dalla band, task che si assolve volentieri, lasciandosi trasportare dalla cupa bufera che questa perla nera, arrangiata in maniera sublime, proietta e sparge con una violenza che non cede neppure per un istante alla tentazione di ridursi in mera cacofonia o in un tornado di suoni aggrovigliati e sgradevoli da tollerare, raggiungendo l'apoteosi in un wagneriano crescendo che si suggella sul finale del disco, micidiale nella sua epica magnificienza.
Come non fare riferimento alle liriche? Gli Svart hanno puntato molto su questo e si sono via via continuamente evolute mediante l'utilizzo di immagini progressivamente più evocative durante la durata del disco, che hanno elevato i testi ad un piano paritario con la musica.
Si tratta quindi di un disco che è quasi impossibile descrivere degnamente a parole: va ascoltato e vissuto, sentito in profondità. Il panorama di sensazioni che suscita è infatti enorme.
La bellezza ci può trafiggere come un dolore (Thomas Mann)
Giuseppe 'Dissected' Patella