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Metempsychosis

KAVEE - Metempsychosis
(2020 - Rock CD Records)voto:
Il musicista veronese Valerio Willy Goattin (Slap Guru) è una di quelle persone che ha approfittato dell’ibernazione forzata delle attività legata alla pandemia per comporre nuove canzoni, che ha poi registrato entro la scorsa estate sotto il simpatico nome Kavee. Personalmente apprezzo moltissimo questo modo di fare musica. Se da un lato può essere visto come un ripiego, rispetto ad una vera band, il valore aggiunto della produzione diretta da polistrumentista e dell’accorciamento della distanza tra chi fa e chi ascolta musica è tangibile. Non mi stupirebbe se nei prossimi anni, col perdurare di misure in grado di stravolgere le nostre abitudini sociali, questa forma di comunicazione artistica diventasse maggioritaria.
Tra new folk, post rock e psichedelia settantiana prog blues possiamo godere di una quarantina di minuti pieni di morbidezza e calore, a dispetto delle glaciali immagini dell’artwork a corredo.
Dolcemente, senza fretta, per abituarsi alla temperatura dell’acqua, ci si immerge nell’ascolto con il brano più lungo di tutti, la title track “Metempsychosis”, che dilata i pori come una sauna, mentre la voce vaporosa di Valerio evoca immagini di trasformazione ed evoluzione.
“The Loss of the Sun” ha un andamento ipnotico, con note ribattute e ripetute e un che di “sciamanico” che non può non ricordare i Galaverna di “Dods Dance”, l’altro progetto di Willy Goattin. C’è anche qualcosa che mi evoca passaggi cari a Franco Giaffreda (Evil Wings).
“Indian Summer” propone un testo di William Campbell (il poeta, non Faul…) e, con le sue voci armonizzate, sembra una versione assonnata dei Whishbone Ash di “Argus”. Molto gradevole.
Echi della beatlesiana “Blackbird” nell’arpeggio del piccolo gioiellino retrò “Like Morphine”, che ci catapulta nella nostalgia e nel passato anche grazie al testo, che fotografa un piacevolissimo idillio di vita vissuta. L’essenziale architettura per sola chitarra e voci viene rimpolpata solo verso il finale con una soffice batteria e un organetto traballante che ricorda la magia dei Tyrannosaurus Rex.
Con “Interstellar” torniamo a un minutaggio e ad una orchestrazione più consistenti, mantenendo la ciclicità ritmica incantatrice ma introducendo anche nuove vocalità: una non dissimile da certi Magnetic Fields per le strofe e un’altra più decisa e quasi aggressiva per i ritornelli.
A proposito di sperimentazioni vocali, è difficile non intravedere un piccolo tributo a Jim Morrison su “An October Evening”, di nuovo su testo di Campbell, che esplode in un ritornello country molto ritmato.
“Awakenings” si appoggia a modalità blues che, per mio gusto personale, la rendono meno interessante e decisamente più standard rispetto alle altre canzoni proposte.
Una breve chiusura strumentale di chitarra (“01/01”) e si può premere il tasto “loop”, per proseguire il vostro giorno di relax con qualche altro giro di Metempsychosis…
Marcello M.