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Piano 21

NO NAMES - Piano 21
(2021 - Nadir Music)voto:
Cosa succede quando due vecchi amici si incontrano dopo anni per registrare un semplice brano? Niente di più facile che passione e nostalgia si uniscano per dare vita ad un lavoro schietto e genuino, in cui far rivivere lo spirito rock dei primi anni ‘90!
I No Names sono, infatti, una rock band ligure formata da Eu ed Andre nel 2015, ritrovatisi a collaborare, dopo un lungo periodo: precisamente quando Eu decide di contattare il vecchio amico chiedendogli supporto per l’incisione di una canzone, regalo di Natale per suo figlio.
Ed è così che quella che avrebbe dovuto essere una breve collaborazione si trasforma in un vero e proprio “uragano” di creatività che porta i due amici a scrivere 15 brani in pochissimo tempo e a dare quindi alla luce “Piano 21”, album di debutto il cui intento dichiarato è quello di “riportare al presente l’atmosfera rock dei primissimi anni ’90”.
Obiettivo centrato, senza alcun dubbio! Ogni nota di “Piano 21” odora di rock, quello sporco, grezzo e sanguigno. Niente fronzoli, nessuna scorciatoia, solo un sound genuino, in cui le sonorità hard rock dei tempi d’oro sono però contaminate da una chiara influenza grunge.
Già dall’opener “Hurricane” i nostri mostrano tutte le loro intenzioni con un riff diretto e potente al quale si unisce la voce grezza e sincera di Eu. “Sunday” mostra invece il lato grunge dei No Names, con un sound più riflessivo e avvolgente stile Pearl Jam. Le stesse influenze che ritroviamo in “Drop My Deed”, altro pezzo possente, in cui l’impostazione vocale di Eu ci riporta direttamente ai primi anni ‘90, quando Vedder & co. spopolavano in ogni dove.
“The Neverending Rock And Roll and Show!” è un altro bel pezzone diretto, hard rock alla vecchia maniera, alla Motley Crue, sporco e ruffiano allo stesso tempo. “Days Of Fire” e “Rocktober” restano sullo stesso binario, quello del rock senza filtri, quello da suonare sul palco e da ascoltare live, dove non può che arrivare diretto al cuore e allo stomaco di chi ascolta.
La voce di Eu dà però il meglio di sé in brano come “No Name”, uno splendido lento, in cui la band mostra il suo lato intimo e maliconico. Ancora più coinvolgente è poi “My Little Puppet”, in cui influenze grunge e hard rock si fondono in un pezzo d’altri tempi.
I No Names sembrano in effetti dei veri maestri nel gestire un sound che sa essere diretto in ogni occasione, che sia puro e grezzo hard rock o espressione di stati d’animo più intimi e riflessivi. “21st” né è l’ennesima dimostrazione: la chitarra acustica e la voce di Eu ci avvolgono in un’atmosfera crepuscolare che non lascia indifferenti.
A chiudere il tutto, “The Remaining Song”, un condensato di quello che sono i No Names: un brano in cui ritroviamo forse quella che è la vera essenza del gruppo, un combo che riesce a far rivivere in maniera originale le atmosfere dei primi anni ‘90.
Insomma, album consigliato, soprattutto se siete dei nostalgici!
Luy C.