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Rupert The King

MORTADO - Rupert The King
(2019 - Blasphemous Records)voto:
Inspiegabilmente questo lavoro di esordio dell'ex vocalist dei nostrani Extrema, è rimasto negli archivi della nostra redazione per circa tre anni.
C'è ben poco da aggiungere sulla provenienza e militanza di Perotti, se non la peculiare importanza nell'aver dato fiato e supporto vitale alla scena metal tricolore quando ancora i più storcevano il naso snobbando letteralmente i validi gruppi esistenti, in un periodo durante il quale svariati cosiddetti metal kids si permettevano di sputare contro i componenti delle band in apertura ai concerti dei grossi nomi arrivando addirittura in sporadici casi a tirare sassi sul palco. Penso che sia qualcosa di incontrovertibile e non dubito che sia stato un momento di profondo spartiacque, la fondamentale data in opening ai Metallica nel 1993 presso il desolante stadio Delle Alpi.
Bando ai ricordi e, fra una goccia di sudore e l'altra che mi fanno alzare in maniera vertiginosa l'asticella delle mie personali evocazioni blasfeme, ebbene, cercherò di delucidarvi su questi undici pezzi.
La title track mette tutti subito in riga e a posto con i relativi puntini sulle i: una poderosa cavalcante, sferzante e senza fronzoli; si capisce subito dove ci apprestiamo ad entrare.
Il secondo pezzo ha un inizio di riffing di chitarra che ricorda un Lynch ai tempi di "Under Lock And Key" mentre l'incedere del basso rimanda direttamente ai Megadeth inizio anni 90.
La Bandiera di Babilonia sventola sulle nostre teste mossa da questo mid tempo molto pronunciato che non disdegna disegni con la doppia cassa.
"No Escape" oscilla tra Raw Power di antica memoria ed Extrema per la sfrontatezza vocalistica soprattutto nella parte centrale dove si può rimarcare il buon lavoro della chitarra.
La quinta canzone con i suoi due minuti e trenta secondi secchi rimanda, anche per le tematiche musicali, più verso un'area di vetusto Hardcore di derivazione New York: pregevole lo stacco al limite del Funky al minuto e 38 in odore quasi di Dead Kennedys.
La slayerana "Dangerous Deal" è un pugno allo stomaco, ti trascina, ma se non stai attento ti piomba nelle oscurità.
Un omaggio ai nativi dell'America del Nord è il settimo passaggio di questa godibile produzione, ove si percepisce in lontananza qualche reminiscenza a la Grip Inc.
Si torna a correre in "Venom" una bella thrash song abbastanza canonica con un assolo centrale al limite della dissonanza.
Si alza il piede dall'acceleratore nella successiva traccia, ma non di moltissimo dato che la doppia cassa riesce a fornire un discreto muro di impatto sonoro. Diciamo che può essere definita come una canzone di passaggio.
Si giunge alla fine con la decima proposta che secondo me ben si adatta ad essere suonata on stage tale è il coinvolgimento corale. Molto Suicidal Tendencies lo stacchetto a metà.
Si chiude alla grande con "Blood Shower" che mischia con saggezza i clichè noti e sintetizza al pari di un compendio tascabile per l'esame di maturità, Helloween, Slayer, Anthrax, Megadeth e volendo anche un lieve accenno ai Testament sul finire del pezzo.
Degna conclusione che vi lascerà la voglia di avvolgere il nastro da capo.
Leonardo Tomei