Ci sono lavori che arrivano al momento giusto sulla tua scrivania quando, nonostante tu abbia passato in rassegna un’infilata di lavori di livello buono se non ottimo, ti chiedi quando arriverà quel disco con una proposta capace di sorprenderti. Ed ecco che mi vengono proposti i Valar Morghulis con il loro più recente lavoro “Violent Delights”.

Il monicker si riferisce alla setta degli assassini mutafaccia di “Game of Thrones”, rimandando dunque ad un immaginario fantasy ed eroico che lascia ampio spazio a contaminazioni “esotiche” e pregne di un misticismo magico. La proposta dei Valar Morghulis è una rilettura del metal sinfonico con voce femminile che ha smosso ricordi di formazioni sepolte nel mio scaffale. Non ho trovato “quel” dischetto dei Therion che, secondo me, poteva essere una chiave di lettura di questo lavoro, ma ho trovato quello dei Bal Sagoth. Non ricordavo male in effetti. E per certi aspetti ho ritrovato alcune suggestioni provenienti dai Septic Flesh e dai Melechesh, in particolare nelle due tracce di apertura che, pur coerenti e consistenti a livello di songwriting con la formula proposta nel resto dell’EP, propongono soluzioni più radicali nei riferimenti armonico/melodici e aprono ad un’esperienza di ascolto più “estrema”.

Sia chiaro, anche se i Valar Morghulis introducono con moderazione alcune soluzioni di riffing e di drumming mutuate dal metal estremo, questo è un disco di puro metal. Emergono a tratti suggestioni thrash ma l’impianto e gli arrangiamenti sono metal e improntati alla regola d’oro del “less is more”. Le parti strumentali sono assolutamente al servizio della costruzione melodica del brano e, in particolare, all’offrire alla vera protagonista delle composizioni, la voce, il giusto spazio e il più solido sostegno entro cui muoversi.
La voce intesa qui come arrangiamento di voce solista e cori. Ma soprattutto, la voce di Isobelle che si dimostra capace su vari registri di mantenere le redini della nostra attenzione e catalizza su di sé l’attenzione. Sarà che frequento (sotto)generi del metal dove la voce è “diversamente protagonista”, ma nel susseguirsi degli ascolti, mi sono ritrovato a riflettere sull’importanza di figure con Janis Joplin o Siouxsie nel definire qualcosa che va oltre il ruolo di “front-man” (certo, si tratta di front-woman, ma il concetto è una altro) di una band.

Apre il lavoro “Seas of Sand”, introduzione dal sapore orchestrale e cinematico che definisce e inquadra in parte i riferimenti armonico/melodici che rendono la proposta dei Valar Morghulis una piacevole sorpresa. Un’aria di archi punteggiata da cori austeri evoca le sabbie del deserto e l’apparire di maestose architetture di una sacralità pre-cristiana. Forse pre-storica. Immediatamente dalla memoria emergono suggestioni visive da un immaginario che rimanda alla saga di Conan il Barbaro.

La successiva “Hunger of the Gods” raccoglie degnamente il testimone: graziata da un incipit che sembra coniugare i migliori Behemoth alle melodie bizantine dei Dead Can Dance, la traccia si sviluppa su una linea vocale in cui la voce di Isobelle si imposta su registri lirici decisamente retrò, evocando le atmosfere di “Cabiria”. Le melodie medio-orientali, che caratterizzano anche gli interventi di chitarra solista, sono filtrate da un gusto che le spoglia di un carattere geografico e le confina in uno spazio-tempo appartenente a memorie ancestrali oniriche. I contrappunti vocali tra la voce solista e i cori aumenta l’impressione di trovarsi al cospetto un consesso blasfemo in cui sotto la guida di una vestale si evoca l’energia della Grande Serpe.

Con “Kriegstier” si fa più consistente la costruzione strumentale nonostante anche in questa traccia sia chiaro che sono le linee vocali a condurre le danze in un gioco di botta e risposta tra voce solista e cori, contrappunto qui caratterizzato da un mood più marziale ed epico. Isobelle abbandona qui i lirismi operistici per tracciare linee epiche e narrative, più tipiche delle ballate celtiche, rammentando in alcuni passaggi l’approccio di Raffaela Càngero (“La Janara”), con un piglio metal-rock seducente ed autorevole, dando ottima prova di sé in digressioni ai limiti del growl e librandosi con agilità su linee sognanti ed eteree.

In “Violent Delights”, una linea melodica epica e pomposa viene sviluppata ora dalla sezione strumentale, con un approccio che rimanda ai Queen, ora dalla voce che interpreta su registri alti una ballata un po’ cantilenante, caratterizzata da un andamento vagamente folk che riesce ad evocare certi episodi degli “In Tormentata Quiete”. Il contrappunto tra voce solista e cori, improntato ad un carattere sognante, trova gradevoli momenti di asprezza quando la voce di Isobelle asseconda con uno scream convincente e rabbioso una repentina accelerazione black metal. Trova spazio anche un ampio contributo di chitarra solista, assecondato con gusto dalla sezione ritmica. Nonostante un senso di epicità “vichinga”, le linee vocali riescono a mantenere un’impronta personale in cui emerge un’anima più calda, quasi soul, sofferente.

Chiude la tracklist “No Tears For Belit” che conferma un’impronta di epicità “nordica”, forse più sassone, in questa orgogliosa ballata guerriera. A differenza della precedente, che evocava un’atmosfera più eterea, questa è una cavalcata attraverso ampie distese d’erba e colline, verso uno scontro che non potrà che essere vittorioso. Isobelle dimostra ancora una varietà di registri vocali in cui si muove con autorevolezza ed efficacia. Sempre assecondata dalla sezione strumentale con inossidabile efficacia e gusto.

Non nascondo, per mio gusto personale, una maggiore predilezione per la doppietta iniziale per quanto, in effetti, i brani successivi risultano più articolati e strutturati. Quale che sia la direzione armonico melodica che i Valar Morghulis vorranno intraprendere, è certo che la loro formula è efficace anche e soprattutto nel mettere in luce una voce così importante e nel costruire brani che sono una vera e propria “narrazione per suoni”. Forse strutturare di più le sezioni strumentali consoliderebbe maggiormente l’identità di band di questo progetto, al momento assolutamente dominato dalla frontwoman.

Samaang Ruinees

Tracklist:

  1. Seas Of Sand
  2. Hunger Of The Gods
  3. Kriegstier
  4. Violent Delights
  5. No Tears For Belit
  • Anno: 2023
  • Etichetta: Rock On Agency
  • Genere: Epic metal/melodic death metal

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Autore

  • samaang ruinees

    classe 1970, dopo aver fatto studi musicali classici scopro a 15 anni il metal. a 17 anni il mio primo progetto (incubo - thrashgrind), poi evolutosi in thrash tecnico con gli insania (1989-1997) e infine in death-thrash con insania.11 (2008-attivo). prediligo negli ascolti death e black ma ho avuto trascorsi felici con la dark wave e l'industrial. appassionato di film e narrativa horror, ho all'attivo un romanzo pubblicato e la partecipazione con dei racconti ad un paio di antologie.