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K2

ADIMIRON - K2
(2011 - Bakerteam Records)voto: 9/10
Sondando in lungo e in largo gli umori della piazza metallara, si percepisce con assoluta limpidezza come quella appena conclusasi sia stata certamente un'annata molto proficua per la scena italiana. Ebbene, allo stesso modo e con altrettanta fermezza, si può affermare che gli Adimiron rappresentano l'ennesima, graditissima conferma in tal senso. Senza alcun dubbio. Data la cospicua notorietà della proposta, non credo servano particolari presentazioni, tuttavia, per i più “distratti”, sarà sufficiente sapere che la band d'origine brindisina aveva già sfornato due album (peraltro ottimamente giudicati dalla critica) e che, nel corso della sua longeva attività, ha già condiviso i palchi di mezza Europa con gruppi del calibro di Annihilator, Death Angel, Vader, Meshuggah e Sepultura. Insomma, tanta, tantissima roba! Sicchè, considerato il curriculum abilmente maturato e i parametri di eccellenza cui ci ha abituato nel recente passato, questo giovane quartetto può essere tranquillamente ritenuto come una delle migliori realtà nostrane, tanto all'interno dei confini nazionali quanto all'esterno di essi. Proprio per queste ragioni, non si fatica a comprendere come, alla vigilia della release della loro terza fatica, la carica di aspettative nei loro confronti era decisamente, nonché giustamente, elevata. Della serie, se imporsi nel panorama musicale nostrano è un esercizio di rara difficoltà, riconfermarsi a certi livelli è tutt'altro che scontato, anche quando si raggiunge un grado di maturità così consistente. Ciò nonostante, gli Adimiron dimostrano ancora una volta di potersi serenamente sedere al tavolo dei grandi, proponendo un full-lenght di chiara astrazione moderna, capace di spaziare, con notevole levatura e coerenza, dal death metal di seconda generazione ai virtuosismi di stampo tipicamente prog, non disdegnando strizzate d'occhio al vecchio e caro thrash. Inoltre, tanto per non lasciare nulla al caso, il mixing e mastering è stato affidato al produttore Jens Bogren (Opeth, Katatonia, Amon Amarth), una nota tutt'altro che irrilevante, in quanto da una parte garantisce un ulteriore salto di qualità ad un sound già ampiamente sopra la media, e dall'altra conferisce una dimensione internazionale all'intero progetto. Senza voler a tutti i costi esagerare, siamo quindi al cospetto di un background di una solidità disarmante, avente in particolare il merito di accogliere perfettamente un disco che presenta tutta la sintomatologia del successo su larga scala. "K2" non si rivela infatti alla maniera di un semplice “involucro” con dell'ottima musica all'interno, o come semplice passione tradotta in note, ma piuttosto in qualità di un concept-album che svela, lungo i suoi sessanta minuti circa, un fine metaforico indiscutibilmente profondo: la storia di un uomo che, in un preciso momento della propria esistenza, decide di intraprendere un viaggio che lo porterà, da un punto di vista fisico, a sfidare i suoi limiti cercando di toccare la cima della seconda montagna più alta della Terra, e, da una prospettiva metafisica, a riscoprire se stesso a livello interiore. Questa componente prettamente spirituale appare decisiva proprio perchè, concentrando l'analisi sui tratti distintivi maturati dalla formazione laziale/pugliese, ci si rende conto di quanto questi si siano evoluti nel corso degli anni, dando vita ad un approccio che non ha praticamente più nulla a che vedere con quello degli esordi. "K2", in effetti, porta alla luce (ancor di più del precedente "When Reality Wakes Up", datato 2009) la volontà di questo ambizioso combo di virare con decisione verso le sonorità tipiche della corrente Djent, un sottogenere contrassegnato da una certa enfasi sul groove e sui ritmi sincopati, nonché da una palese attitudine al progressive/technical death metal, tanto cara a Meshuggah e Opeth. Con l'influenza del duo svedese sullo sfondo, all'interno del tessuto sonoro si stagliano quindi momenti di pura prepotenza (“Where Nothing Changes”, “Vertical Limit”), intervallati da inserti melodico-meditativi (“The Passenger”, “Above The Rest”), con una ritmica mai piatta, anzi elastica, e un abile ricorso ad un riffing che sa essere intricato e massiccio, ma, allo stesso tempo, davvero armonioso. Data la venatura intellettuale di cui parlavo pocanzi, è facile intuire come il cd sia stato composto per essere apprezzato specialmente come un corpo unico, che si apre e si chiude mantenendo di fatto inalterato l'alto rango lungo il quale si articola. Nondimeno però, è opportuno porre l'accento sui due brani che, per vari motivi, si candidano ad esserne i rappresentanti più degni: l'opener “Oriens”, vero manifesto mistico del disco e perfetto esempio della capacità della band di saper disegnare differenti atmosfere all'interno della stessa canzone; e “The Whisperer”, pezzo ineccepibile sotto ogni aspetto, che vede la partecipazione di Dave Padden, leader degli Annihilator. In ogni caso, come asserivo in precedenza, anche il resto del prodotto si mantiene su standard pregevoli. Infatti, grazie all'autorità esibita in fase di esecuzione, alla coesione tra i vari membri e alla produzione extra-lusso, ogni singolo elemento è sempre posto nelle migliori condizioni per fornire un contributo chirurgico alla causa: il vocalist Andrea Spinelli si dimostra sicuro e versatile sia nel cantato pulito che in quello gutturale; l'operato alla batteria, sempre pronta ad offrire soluzioni desuete, è fantastico, soprattutto nel creare un asse ritmica ipnotica e dinamica con il puntuale bassista; il leader Alessandro Castelli poi è talmente una certezza alle chitarre, che qualsiasi aggettivo sembrerebbe riduttivo. In definitiva, con "K2"sembra essere arrivato il definitivo momento di svolta per la carriera degli Adimiron, un gruppo che, in concreto, rappresenta molto più di una speranza per il metallo tricolore. Promossi, con lode.
Davide Khaos



