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S/T

TrackList
01. Why Don't Die
02. Thanatos
03. When We Were Together
04. Back To Life
05. The Beast Down Inside
06. Night Of Outrage
07. The Vale Of Lost Souls
08. My Dream Girl
09. Dangerous Love
10. One Night Stand
11. Winners Can BE lOSERS
12. Voices In The Night
13. Take Me Away
14. Stop The Time (live)
MONOLITH - S/T
(2012 - Battle Cry Records)voto: 4.5/10
A sorpresa in questo 2012 arriva dalla Germania, tramite Battle Cry Records, una riscoperta targata Italian metal dedicata ai Monolith, band di Viareggio che sebbene non abbia mai raggiunto il traguardo discografico, si rese autrice nel 1984 di un demo intitolato “ An Eye To Eye, a Tooth For a Tooth”, bissato nel 1986 da un secondo nastro dal titolo “ The Rokk Shokk Attakk” divenuto l'epitaffio del gruppo che si sciolse nel medesimo anno. Il combo versiliese rimbalzò alle cronache del tempo per la sua partecipazione a diversi festival e concerti, tra cui si ricordano l'Heavy Mas di Pistoia nel 1985 e il Festival Nazionale Heavy Metal di Cava Manara nel 1984, ma la partecipazione più importante avvenne al Rock In A Hard Place di Certaldo nel 1983.
A onor del vero, questa operazione “archeologica” che pubblica i due demo citati su un unico cd, non riscopre quanto di meglio potesse offrire il panorama di allora; nonostante una passione che potrebbe essere l'unica realtà oggettiva che i Monolith immettevano in ciò che facevano, è sulla loro proposta che si concentrano gli interrogativi maggiori, avvalorati da evidenti lacune compositive ed esecutive che il gruppo palesava all'interno di questi nastri. L'evidente acerbità che attanagliava ancora la band si evince già nel tentativo maldestro di “Why Don't You Die” di riprendere influenze settantiane e renderle più accessibili ai tempi degli Eighties, dove anche la scarsa qualità del cantante contribuisce ulteriormente ad abbassare il valore del gruppo.
Non migliora la situazione neanche nella successiva “Thanatos” un altro esperimento riuscito a metà di coniare ritmi aggressivi a stacchi più melensi in cui, nonostante la voce non riesca a conferire quell'alone di completezza neanche in tali atmosfere, ad uscire meglio sono più quest'ultimi che non i primi, salvati in corner da un minimo di tenacità retta dalle chitarre. Uno spasmodico mid tempo si rivela essere “When We Were Together” la cui parte più interessante si rivela essere il lungo assolo centrale ripreso successivamente in chiusura di canzone. Anche per la banalotta “Back To Life” si può rifare il medesimo discorso della precedente canzone, in cui a farsi apprezzare sono più gli assoli presenti che non il resto, mentre un primo sforzo a tentare di presentare una canzone decente viene svolto da “The Beast Down Inside” che in qualche modo riesce come strutture ritmiche a lasciarsi apprezzare un po di più, nonostante molte ingenuità in essa contenuta, come ad esempio la voce di Beppe che si diverte a infilare in qualche punto il proprio falsetto, risultando più grottesco che convincente.
E' davvero difficile trovare una canzone in questo primo demo che si possa classificare come una prova persuasiva del Monolite viareggino, preso a suo tempo a produrre questo nastro immettendoci dentro diverse influenze, ora più tendenti all'heavy rock ora più rivolte ad atmosfere plumbee come nel caso di “Night Of Outrage” introdotta da uno scampanio sinistro e un coro malevolo in cui si incunea un atmosfera altrettanto oscura prodotta dalle chitarre di Mad Max e Godzilla, che si mettono in corsa frenetica in una gara di velocità con la batteria in doppia cassa che rallenta andando in chiusura. Le conclusive “The Vale Of Lost Souls” e “My Dream Girl” non aggiungono né tolgono niente a quanto proposto in questa prima parte, se non che da segnalare nel caso della prima una propensione all'influenza degli Iron Maiden del primo disco che i Monolith immettono spesso e volentieri nelle loro note.
Il secondo demo” The Rokk Shokk Attakk” viene registrato con una lineup leggermente diversa rispetto a due anni prima; alla batteria e al basso entrano Lorè e John e la band cambia leggermente il proprio stile, lasciandosi alle spalle l'heavy rock di matrice settantiana di influenza marcatamente inglese e punta a un metal di influenza americana andando a tratti ai confini del glam come in “Dangerous Love”. Il nuovo arrivato alla batteria si mette in evidenza con un suono più maturo e corposo e non “da prime armi” tenuto dal suo predecessore e il gruppo sembra fare un piccolo passo in avanti verso la maturazione, ancora comunque lontana dal dirsi acquisita al massimo. “One Night Stand” si mantiene su coordinate glammeggianti, cantata con l'ausilio di una seconda voce non specificata nello scarno libretto che accompagna la compilation, che sembra assorbire anche una certa ispirazione arrivata da oltremanica da parte di Mick Jagger e compagni. I punti migliori si rivelano essere sempre i guitar works degli onnipresenti Mad Max e Godzilla e stavolta anche il vocalist sembra trovare un po di terreno fertile per la sua voce, pur ancora troppo lineare e poco espressiva ma che sa già destreggiarsi meglio sulla lenta e malinconica “Winners Can Be Losers”, orientata verso suoni più adulti coadiuvati anche da inserti di tastiere che qualitativamente però rimane una sorella minore dei blasoni d'oltreoceano e non. Dello stesso avviso anche la successiva “Voices In The Night” mentre a chiudere virtualmente il demo ufficiale ci pensa il rock sempliciotto di “Take Me Away”. Viene aggiunta inoltre una traccia live di scarsissima qualità (in due punti il suono addirittura scompare improvvisamente) dal titolo “Stop The Time” che ferma un momento di vita live del gruppo.
Se già quanto i Monolith proposero a suo tempo non risulta essere abbastanza convincente per raggiungere una sufficienza quanto meno risicata, a metterci del suo concorre anche la veste grafica allegata alla raccolta, che consta di un semplicissimo libretto di quattro paginette contenente le due copertine originali dei demo, ritagli di foto estrapolate per lo più dalle esibizioni live della band e riporta solo alcuni testi delle canzoni presenti (sei su quattordici). Se è pur vero che come band i Monolith non hanno lasciato in dote alla storia del metal italiano una certa quantità di materiale tale da giustificare una ristampa più corposa, poco comprensiva è la scelta della label tedesca di esser stata un pò stretta di manica sul versante testi, presentando un prodotto che così come è risulta un po raffazzonato. Se oltretutto questa raccolta dice di essere un tributo allo scomparso chitarrista Mad Max (alias Massimiliano Lazzerini) qualcosa in più si sarebbe potuto fare per la sua memoria.
Nessuno può sapere come si sarebbe evoluta la maturazione dei Monolith se questi avessero dato continuità alla loro attività, magari arrivando anche all'agognato debutto discografico; quello che possiamo (e dobbiamo) valutare è l'atto pratico che il gruppo ha lasciato ai posteri e ciò come detto non ha deposto pienamente a suo favore. Un gruppo a cui si può riconoscere il merito di essere stato tra i primi in Italia a suonare Heavy Metal, che nell'ultima parte della sua carriera ha senza dubbio provato a trovare la strada più consona, ma sicuramente molto lontano dal dirsi competitivo e credibile agli occhi di una più vasta audience che non si restringesse ai soli ultra ortodossi conservatori della NWOIHM ai quali questa raccolta è alla fin fine rivolta. Tutti gli altri stiano alla larga da questa compilation.
Francesco Running Wild