Quelli di Enrico Degani alla chitarra, Federico Marchesano al basso, Dario Bruna alla batteria e con tutta probabilità anche Giorgio Li Calzi con la sua tromba, sono nomi che a noi metallari medi non diranno nulla, ma non mi stupirebbe se l’evocare le loro personalità musicali, in certi ambienti della Torino con le orecchie, destasse qualche compiaciuto sorriso di approvazione. I quattro non più giovanissimi musicisti coinvolti in questo progetto sono infatti dei veri professionisti con le mani in pasta nella scena culturale del capoluogo piemontese (e non solo) e vantano parecchie collaborazioni con nomi che, se fossi un raffinato e aggiornato intenditore, potrei perfino trovare di un certo rilievo.

Pur conoscendosi da tempo e avendo già intrecciato gli strumenti in altre occasioni, i quattro debuttano come “PRANK + Giorgio Li Calzi” con questo breve dischetto, in cui buttano dentro il proprio talento, la perizia esecutiva di accademica disciplina, un’attitudine collettivista e inclusiva che consente loro ampia libertà di manovra e tutta una serie di influenze che conosco di striscio e comprendono il jazz contemporaneo, il progressive spigoloso e concettuale dei King Crimson, una spruzzata di “core” e una sobria ed elegante veste stilistica minimalista che ho molto apprezzato.

Il suono del gruppo ha una forte connotazione “urban” e devo riconoscere che, per un ragazzo di campagna come me, manca della componente emotiva, lasciandomi spettatore interessato ma poco coinvolto. Quello che invece ho gradito enormemente è il suono d’insieme registrato praticamente dal vivo come una performance di gruppo, un valore aggiunto che tanto bene farebbe anche al rock e al Metal di oggi.

Alle mie orecchie arriva la coesione e la tensione con cui i ragazzi riescono a innervare le loro composizioni, utilizzando l’esperienza e la tecnica in maniera molto asciutta, essenziale, parsimoniosa e oculatamente consapevole. Allo stesso tempo molte delle composizioni mi lasciano una sensazione di incompiutezza, di mancato sviluppo, come se la band avesse lavorato a dei frammenti di idee improvvisando e giocandoci un po’ per poi abbandonarli e passare al brano successivo. A questo aggiungerei quel quasi macchiettistico e velleitario gusto per la “melodia sfigata” tipico del jazz, fieramente ai margini del gusto popolare, che mi lascia sempre un po’ perplesso.

Il primo dei sette brani ha l’intrigante titolo “Fat Man Vs Bodybuilder” e, se l’inizio può sembrare almeno dal punto di vista formale un trito e muffo riff numetal, scopriamo ben presto tutt’altre atmosfere e competenze, in una composizione secca e scarna, con lugubri e centellinatissimi interventi di tromba in bianco e nero. Questo resterà l’unico episodio con un seppur vago riferimento al sound heavy.

Cattedrale” ha un cluster dal tema ascensionale che viene ripetuto ad intervalli diversi con giochi di sovrapposizioni e un momento centrale più sospeso, in cui lasciare aleggiare l’eterea tromba di Li Calzi.

C’è anche spazio per una cover dei Suicide e il loro minimalismo newyorkese e, dirò un’eresia, ma trovo che questa versione di “Ghost Rider”, con gli strumenti “veri”, sia decisamente superiore all’originale. Bello anche l’utilizzo del vocoder per filtrare la parte vocale e integrarla organicamente all’interno di un disco strumentale.

Ulrich Seidl”, che presumo sia dedicata all’omonimo regista austriaco, spiazza l’ascoltatore, uscendo dal cliché dei brani ellittici e ondivaghi e proponendosi come unico vero tema melodico e cantabile del disco, quasi da ballata romantica d’altri tempi che, non so bene per quale motivo, mi ha evocato i Thin Lizzy più intimisti. Molto gradita.

Umbratile” è la composizione che mi ha impressionato di meno, di quelle che mentre le ascolti ti ritrovi a canticchiare altro…

Poi c’è la controversa ”Touching Hands”, anche se in effetti è controversa solo per me: leggendo gli appunti presi durante i vari ascolti dell’album ho trovato scritto, in merito a questa traccia, sia “palla micidiale”, sia “bella struttura interessante”. Se è vero che è un pezzo che se la prende con tutta calma cincischiando sullo stesso argomento, riesce ad inserire tenui sfumature impreviste, in un’atmosfera interessante di confortevole disagio rassegnato e notturno.

Un gioco di accenti che mi ha ricordato i Rush caratterizza la conclusiva “Prismatica”, che torna a lavorare sulla ripetizione di piccole cellule musicali, questa volta con un approccio più leggero e sbarazzino, come a voler lasciare un ricordo positivo di questa mezz’oretta insieme.

Un tipo di musica che difficilmente sceglierei di mettere su, ma che ascolterei volentieri dal vivo.

 

Marcello M

 

Tracklist:

  1. Fat Man VS Bodybuilder 
  2. Cattedrale 
  3. Ghost Rider (Suicide)
  4. Ulrich Seidl
  5. Umbratile
  6. Touching Hands 
  7. Prismatica
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Machiavelli Music
  • Genere: Avant-garde jazz

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