L’idea di presentare il progetto Summonig Saturn Voids come una sorta di macchina del tempo che, dopo aver spedito un cantante Black Metal in una dimensione cosmica remota nel futuro e nella galassia, lo trascina a jammare negli anni settanta con Butler e Iommi è uno storytelling accattivante, che rende immediatamente più digeribile e interessante lo stoner doom psichedelicheggiante di questo misterioso gruppo al debutto. D’altro canto ha anche tutto il sapore di un “mettere avanti le mani”, come a voler giustificare il proprio indulgere in tutti quegli stilemi triti e ritriti di un genere veramente fin troppo autocompiaciuto. Certo l’idea di una contaminazione spaziale e futuribile conferisce quel tocco speziato capace di stuzzicare le nostre papille auditive per qualche istante in più, ma sembra anche la giustificazione al fatto di aver utilizzato (oltre al ricorso ad immagini generate con intelligenza artificiale) quella che sembra palesemente una batteria programmata, priva di dinamica e swing. L’utilizzo di pseudonimi, il semianonimato e l’apparire come indefinite sagome incappucciate (una serie di trovate veramente originali…) tende a supportare questa mia sensazione. Però mi è piaciuta la scelta del nickname del presunto batterista, quell’“H7-25” che alla gente della mia età non può non riaccendere un nostalgico ricordo.
Viene invece esplicitata la presenza di Fabban (Aborym) in veste di produttore, tastierista e rumorista.
Venendo al disco, abbiamo una breve introduzione di synth siderali, prima dell’incedere festoso di “Cosmic Sabbath“, brano costruito per tre quarti della sua durata su di un unico riff sabbathiano (ma dai?) al quale si alternano un andante ritornello insistito ed un momento più rarefattamente massiccio al quale l’organo imprime lugubri tensioni planetarie. Ho apprezzato l’aver curato il finale del brano.
Sulla più cadenzata e dilatata “Nihil Re-Genesis”, spalmata di un velo di tastiere nebulose trova tutto lo spazio per distendersi e svilupparsi un bell’assolo di chitarra dal timbro grosso e nasale che mi ha ricordato una sorta di sassofonone. La voce, uno scream gradevolmente addomesticato, svanito l’effetto sorpresa dei primi interventi, viene relegata automaticamente ad organico rumore di fondo, una volta che l’orecchio ci ha fatto l’abitudine e difficilmente sarà fonte di particolare interesse nel corso del resto del disco.
Rudimentali tastiere sembrano scimmiottare il riff di “Hole In The Sky”, su quel tributo al quartetto di Birmingham che è “Blackshift Alien God”. Il giochino funziona anche abbastanza bene, ma alle mie orecchie cresciute a pane e Black Sabbath mancano troppi ingredienti imprescindibili come, ad esempio, riff micidiali e un batterista.
Su “Technical Heresy” è un piacere sentire il grattugiare del plettro sulle corde del basso, mentre sembra di avventurarsi cautamente negli oscuri corridoi interni della stiva di una gigantesca astronave, tra aperture epiche ed una accelerazione centrale che smuove un po’ le acque prima di tornare ai ritmi iniziali accompagnati dalla chitarra solista. Rispetto alle entusiastiche ed enfatiche parole di presentazione di questo album (registrato nel corso del 2023 “su vari pianeti”) fatico un poco a trovare tutti quegli elementi appetitosi proposti sul menù, ritrovando una cucina pulita e ben eseguita, con qualche tocco esotico, ma che non mi ha saputo trasportare in maniera coinvolgente nel suo mondo.
Interessanti i sapori asiatici di “Mare Tranquillitatis”, un paio di minuti strumentali ipnotici e ammalianti.
In “Star Wreck” sembra di sentire i Celtic Frost che giocano a suonare dello stoner e il risultato è pure piuttosto riuscito! Sicuramente uno dei brani migliori del disco.
Mi sono piaciute molto anche le intermittenti tastierine “effetto Carpenter” che conferiscono a “Funerastrology” quell’atmosfera inquietante da b-movie spaziale. La composizione si mantiene larga e placida, stratificata di fraseggi di chitarre e tastiere ecclesiastiche che gonfiano il finale.
la conclusiva “Siggy Starsmoke And The Bongsters From Mars“ è esplicita in merito alle ispirazioni e inspirazioni della band, ma si rivela una scrittura più interessante di quanto credessi, anche se non ho colto la citazione “fuck the world”.
Se siete dei patiti di stoner doom psichedelico e volete provare una variazione sul tema dal sapore un poco fantascientifico e sintetico, questi Summonig Saturn Voids potrebbero essere una piacevole digressione, ma temo che difficilmente scoprirete in loro la vostra prossima band preferita.
Marcello M
Tracklist:
- Cosmic Sabbath
- Nihil Re-Genesis
- Blackshift Alien God
- Technical Heresy
- Mare Tranquillitatis
- Star Wreck
- Funerastrology
- Siggy Starsmoke And The Bongsters From Mars
- Anno: 2024
- Etichetta: Argonauta Records
- Genere: futuristic psychedelic black stoner doom
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