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Oblivion

TrackList
- Oblivion
- Divine
- Forgotten Child
- Alone We Stand
HYMNODYA - Oblivion
(2021 - Volcano Records & Promotion)voto:
Una copertina elegante per l’EP di debutto degli Hymnodya, uno studio project guidato da Pasquale Ninni, con la preziosa collaborazione di Leonardo Ascatigno. I due amici condividono un approccio alla musica (e alla chitarra, in particolare) molto competente dal punto di vista tecnico, che per Pasquale è anche certificato da un percorso accademico e da una carriera professionale notevoli.
Con un’ottica inclusiva e sperimentale, negli Hymnodya confluiscono tanti stili musicali: ne viene fuori una sorta di death Metal piuttosto elaborato, con ampie digressioni melodiche e qualche scarica “estrema”. Se non fosse per l’utilizzo della voce, che sceglie sempre di esprimersi in growl (effettato e “in secondo piano”) risulterebbe fuorviante parlare di death Metal, data la presenza di scale musicali e atmosfere atipiche per il genere, dimostrando la sempre più scarsa utilità e necessità di etichette in un periodo storico in cui la musica è liquida e si mescola più velocemente e facilmente che mai.
Sulla carta, le dichiarazioni della band fanno sperare in un equilibrio compositivo perfetto tra musica, testi, virtuosismo ed espressività. Alle mie orecchie il risultato appare molto più macchinoso, un tantino forzato e non sempre capace di quella sintesi penetrante capace di inchiodare al cervello le canzoni, ma ci sono anche molti aspetti positivi. Tanto per cominciare, dal punto di vista esecutivo, il lavoro è inattaccabile. La produzione, sempre ad opera di Pasquale, è professionale e competitiva. Personalmente resta un ostacolo la batteria “finta” che, per quanto sia eseguita/programmata con cura, ha sempre quel qualcosa di innaturale che secondo me non giova a un progetto che vorrebbe fare della fluidità e dell’organicità una delle proprie caratteristiche di forza.
“Oblivion” apre il dischetto con i suoi fraseggi vagamente alla Amorphis, per scattare verso qualcosa di molto più vorticoso e serrato fino al bel tema melodico principale, ripetuto anche in chiusura. La seguente “Divine” accelera notevolmente, proponendo mitragliate di batteria quasi “eccessive” (poco credibili? forse solo un poco fuori luogo?) in un brano guidato dal bel riff di apertura e frammentato in una moltitudine di brevi sezioni, trovando tregua nel suggestivo, morbido finale. La traccia più bizzarra è “Forgotten Child”, un vero catalogo di differenti stili musicali: introduzione epica, evocativa, solenne, strofa dissonante dalla ritmica spezzata, poi thrash melodico, sludge funereo, aperture sospese, un bel tema solista, Celtic Frost, un “hey!” corale e un finale piuttosto deludente… Faccio fatica ad entrare nella logica di questa composizione, ma è un mio limite, lo riconosco: qui siamo distanti (per esplicita scelta formale) dalle consuete formule strofa/ritornello di facile presa.
“Alone We Stand” è una sorta di outro strumentale che sviluppa l’idea di un paio di giri armonici, scegliendo per una volta la semplicità e uscendo di scena con eleganza in questa piccola e suggestiva coda malinconica.
Data l’oggettiva qualità dei musicisti coinvolti e l’ambiziosità degli obiettivi, credo che gioverebbe enormemente agli Hymnodya allargare la formazione fino a divenire una band vera e propria, cosa che probabilmente è già prevista in vista di eventuali esibizioni dal vivo.
Grazie al lavoro di Alessandro Amoruso (www.artstation.com), la band può inoltre contare su un materiale iconografico di forte effetto, che ha portato alla realizzazione di due lyric video che meritano un’occhiata.
Marcello M