Voto: 7.5

La band milanese dei Rhyme ha un percorso di tutto rispetto alle spalle; nata nel 2008, dopo il primo EP ha pubblicato nel 2011 il debut album “Fi(r)st”, masterizzato nientemeno che da Mr Tom Baker a Hollywood e pubblicato dalla Bagana Records. Infatti se c’è una cosa che proprio non manca ai Rhyme è il respiro internazionale, basta dare un’occhiata al tour che hanno realizzato nel 2010/2011 per rendersene conto; questi quattro ragazzi hanno calcato palchi assieme a nomi quali Papa RoachWhitesnakeBLSMisfits, arrivando a suonare un po’ in tutta Europa, in Russia, in Polonia, fino al prestigioso Rocklahoma Festival negli States.

Il 3 dicembre 2012 è uscito il loro nuovo lavoro, “The Sees And The Sewage”, pubblicato con la Bakerteam/Scarlet Recors e distribuito in Europa, Usa, Russia, Taiwan, Turchia, Israele. A differenza del primo, nel secondo album i Rhyme hanno deciso di “fare tutto da soli”, registrando tra gli ZetaFactory Studios di Carpi ed i Magnitude Studios di Seregno; Matteo Magni, chitarra del gruppo, ha supervisionato i lavori occupandosi personalmente del mix e del mastering. La scelta di giocare in casa si è rivelata vincente, vista l’ottima qualità di questo lavoro; “The Seed And The Sewage” è un album molto ben realizzato, ben costruito, impegnativo ed impegnato. Il muro di suono, sorretto in primis da una chitarra distorta e potente, cupo, rimbombante, leggermente claustrofobico, serve perfettamente allo scopo dei testi, scritti da un Riccardo Canato (basso) in stato di grazia, supportato qua e là dallo zampino affilato del cantante Gabriele Gozzi. Le varie influenze ispiratrici della band, dagli Audioslave agli Alter Bridge, dai Deftones ai Foo Fighters, passando attraverso Papa RoachAlice In Chains e Soundgarden si sentono, ma arrivano digerite, metabolizzate e rielaborate in quello che è il sound dei Rhyme; hard rock, (nu?) metal, una spruzzata di grunge e tanta, tanta energia.

Al di là delle definizioni, il secondo album del gruppo milanese è una scarica di rabbia e di passione in cui sonorità pesanti e scure, ritmiche incalzanti e contenuti forti si fondono per esprime il dissenso (fin quasi al disgusto) nei confronti di una realtà socio-economica che calpesta ed infanga senza guardare in faccia nessuno. Non viene meno la speranza (the seed), ma campeggia ben chiara la melma (the sewage) della demeritocrazia, del culto dell’apparire, della corruzione, dell’abuso di potere e dell’indifferenza di chi pensa solo al proprio orticello fasullo fregandosene del resto del mondo. I Rhyme sono incazzati con il mondo intero e lo dicono chiaramente, sia attraverso la musica che attraverso le liriche, pungenti, ironici a tratti, dissacranti e disincantati.

Lo si sente subito dalla prima traccia, “Manimal” che gioca con le parole “man” ed “animal”, concentrando nel titolo il succo del discorso; attacco incalzante e ritmo elevato che si mantiene intatto in “The Hangman”, assieme al cantato graffiante ed urlato caratteristico dei Rhyme, per arrivare alla bellissima “Blind Dog”, che rallenta e smorza i toni quel minimo che basta per guadagnarne in intensità. La batteria di Vinny Brando, spettacolosa in tutto l’album e qui da applauso, assieme al basso in primo piano e alla chitarra onnipresente, incornicia un cantato sia singolo che corale in grado di andare al punto senza mezzi termini. “Slayer to The System” arriva subito dopo con la violenza di uno schiaffo in piena faccia, seguita dalla tagliente “Fairytopia” che consiglio caldamente a tutto il pubblico femminile, ma dalla quale non mi sento di esentare una discreta fetta del pubblico maschile. Poi l’aspra “Party Right” ci trasporta fino alla riflessione pseudo-religiosa di “Brand New Jesus”, senza fare sconti sia nei contenuti che nella carica. “World Underground” ci racconta ciò che è sotto gli occhi di tutti pur restando ottusamente confinato nell’invisibile, ma è con “Nevermore” che i Rhyme tirano fuori il momento forse più incisivo dell’album; il tema della guerra, sottolineato nel booklet dalle citazioni di Jimmy CarterHenry Ford ed Orazio, viene trattato in un testo conciso e denso. La parte precedente al finale, in cui la composizione musicale diventa marcia funebre, sottolineata dalle percussioni in stile militare e dal lamento delle corde, non lascia scampo. “Victim Of Downturn” infine è l’ultimo “no” gridato dall’album contro tutto quanto denunciato prima, un rifiuto che però ha in sé il seme della forza, della voglia di reagire e di cambiare uno stato di cose ormai marcio e compromesso. La chiusa con la cover di un pezzo dei Depeche Mode“Wrong”, riassume perfettamente il concetto e sigla il discorso.

“The Seed And The Sewage” è un lavoro che può essere vissuto a vari livelli, a partire dalla musica sempre trascinante fino all’impatto dei testi, in grado quindi di arrivare a più di un tipo di pubblico; da non trascurare i cori che vedono la partecipazione di varie voci tra cui Paolo Colavolpe (Destrage), Davide Moras (Elvenking) e Marco Pastorino (Secret Sphere), che vanno ad impreziosire un album carico di energia, di rabbia, di forza, quasi impossibile da attraversare restando immobili ed indifferenti.

 

Ella May

 

TrackList

01. Manimal

02. The Hangman

03. Blind Dog

04. Slayer To The System

05. Fairytopia

06. Party Right

07. Brand New Jesus

08. World Underground

09. Nevermore

10. Victim Of Downturn

11. Wrong

 

  • Anno: 2012
  • Etichetta: Bakerteam/Scarlet Records
  • Genere: Alternative Metal

 

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