Dalla nordicissima Clusone (BG) tornano a fare razzia i vichinghi Ulvedharr, giunti all’importante ed invidiabile traguardo di cinque dischi in dieci anni: complimenti! Durante il tragitto, va notato, hanno perso per strada ormai del tutto asce, pelli d’orso e drakkar (dopo alcuni album le parole chiave della mitologia norrena iniziano a scarseggiare…) e la riduttiva definizione di “Viking Death Metal” calza oramai decisamente stretta.

Confezionato in una copertina di dubbio gusto ma di potente impatto pittorico, “Inferno XXXIII” ci spara nove tracce (più outro) di quello che a tutti gli effetti possiamo definire un devastante Thrash Metal incapsulato in canzoni dirette, semplici e ben progettate, come un best seller IKEA!
I cinque (si è aggiunto un nuovo chitarrista) ragazzi devono aver fatto tesoro dell’esperienza di questi anni e la loro capacità di scrittura ha raggiunto un buon bilanciamento tra orecchiabilità e aggressione, sfornando composizioni che scalpitano per essere suonate dal vivo. La produzione, piena e moderna, rende onore all’impeto esecutivo, che colpisce immediatamente come una delle migliori caratteristiche del gruppo.
Un ruolo chiave nella definizione dell’identità del suono degli Ulvedharr è il timbro del basso, deliziosamente distorto e perfettamente udibile nella virtuosistica e personale esecuzione impeccabile di Markus Ener, ennesima conferma del fatto che, quando un bassista ha qualcosa da dire, lo si sente!

 

Rullate e blast beat ci travolgono appena schiacciamo play e “A Full Reload Of Fear” ci riversa addosso una sapiente alternanza tra strofe e ritornelli quasi cantabili, riff taglienti, esplosioni ritmiche ed un’epica coda.
Quindi, un disco promosso a pieni voti?
Eh… mi spiace dirlo, ma c’è un piccolo dettaglio che ha decisamente rovinato la mia esperienza di ascolto: il cantante Ark Nattlig Ulv è tragicamente stonato! Certo, fa quasi ridere parlare di growl stonato, ma vi assicuro che è così: nel tentativo di seguire con la voce le modulazioni degli accordi in una sorta di ibrido semimelodico (un po’ come Johnny Hedlund degli Unleashed) fallisce miseramente, intaccando notevolmente la credibilità dei brani.
Ed è un vero peccato.
Già, perché il carisma e la convinzione, la furia e l’urgenza ci sono tutte, nella voce di Ark!
Nei primi dischi il problema non sussisteva, ha fatto capolino sul precedente “World Of Chaos” ed ora è fuori controllo… È un po’ come vedere il proprio condottiero che, in battaglia, è lì lì per cadere da cavallo ad ogni passo.

Esempi spietatamente lampanti di quanto appena esposto sono le successive “Wasteland” (brano killer dai ritmi super coinvolgenti!) e “Revenge Loop”, ottime canzoni con parti melodiche semplici e importanti, su cui la voce del leader è spesso fuori controllo come un ubriaco al karaoke.

 

Stupisce la scelta di “Dagon” come singolo, essendo un brano più oscuro e leggermente meno dotato di quei ganci immediati che troviamo in tanti altri pezzi del disco. Ad esempio, il mio preferito è “Master Liar”, con il suo riffaccio inesorabile che si pianta in testa e ti fa fare su e giù e un ritornello che canterebbero anche all’asilo! Un gran pezzo, ottimo biglietto da visita per tutti i membri del gruppo.

 

Non c’è soluzione di continuità nell’assalto musicale dell’album e Mike Bald, alla batteria, sembra instancabile, in pieno berserksgangr! “The Edge” è una rasoiata Thrash e “Eternal Attack” (appunto…) galoppa saltellante, senza alcun bisogno di fare il verso agli Amon Amarth.

Sebbene abbia apprezzato enormemente il fatto che “Inferno XXXIII” non fosse l’ennesimo concept sulla Divina Commedia, mi  rimane oscuro il riferimento al titolo, dato che nessuna canzone pare lambire gli argomenti del canto. Quindi non sapremo mai se i bergamaschi ce l’abbiano più coi pisani o coi genovesi…

I testi sembrano invece tutti proiettati sul sociale (ovviamente in chiave “morte & distruzione”), sulla fine del mondo per colpa delle nostre assortite malefatte, violenza, ingiustizia, una spolverata di religione e persino un briciolo di speranza.

L’invettiva di “Their Game” si scaglia contro i padroni del mondo con una furia anticapitalista che temevamo ormai fuori moda, mentre “A New God” è una mitragliata degna dei Testament più estremi (quelli in cui si percepisce il pallino di Eric Petersen per il Black Metal) con Jack che si diverte a sparare assoli e un bella chiusura finale. E a proposito di conclusioni, ecco “Oblivion”, che trascende il ruolo subordinato di “arpeggino di addio” grazie ad un’esecuzione sentita e all’intrecciarsi di assoli di basso e chitarra.

 

Devo riconoscere che i nostri sanno scrivere delle buone canzoni, con tutti gli ingredienti al posto giusto ed un occhio (un orecchio…) di riguardo per l’ascoltatore, che sembra sempre al centro dell’attenzione in fase compositiva.

Ed è importante sottolineare come, nonostante gli Ulvedharr non inventino nulla, spicchino immediatamente per personalità, riuscendo ad esprimere le identità dei singoli musicisti con estrema naturalezza, semplicemente suonando alla propria maniera.
E sì, persino la vociaccia di Ark è un insostituibile elemento di riconoscibilità e unicità!

 

 

Marcello M

 

TrackList

  1. A Full reload Of Fear
  2. Wasteland
  3. Revenge Loop
  4. Dagon
  5. Master Liar
  6. The Edge
  7. Eternal Attack
  8. Therir Game
  9. A New God
  10. Oblivion

 

  • Anno: 2023
  • Etichetta: Scarlet Records
  • Genere: Viking Death Metal

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