Qui si narra del lato oscuro, quel “dark side of the moon”; qui si cita il non detto, si narrano le parole non scritte, si smascherano i segreti che gelosamente vengono custoditi nel più recondito armadio con i nostri scheletri legati. La musica si fa testimone di questa fredda cronaca, l’impeto della musica stessa ci trascina di battuta in battuta all’interno della struttura di ogni pezzo, ci sentiamo sorretti e al sicuro come se le righe del pentagramma fossero binari e non ci fosse che un’unica direzione da imboccare con fiducia. Si sa esattamente dove siamo poiché in ogni fraseggio musicale c’è un contesto implicito (il rimando agli In Flames mi pare doveroso), grazie al ritmo, alla tonalità, e se vogliamo anche alla melodia. Incatenati alle tematiche esistenzialistiche poste in essere dalla band vicentina, ma allo stesso tempo siamo paradossalmente e meravigliosamente liberi di lottare per uscire dall’antro della caverna; non appena la musica cessa di parlare si ha la sensazione di cadere in un non – luogo, ma finché le note camminano il racconto ci sembra drammaticamente normale.

In circa dieci anni di carriera giungono qui alla loro terza fatica in studio e dopo un debutto più orientato verso sonorità death metal, in questo “What’s Done Is Done” l’aspetto musicale diventa maggiormente introspettivo ed intimistico, mischiando la cupezza dei Saint Vitus (con qualche accenno alla band storica del Doom Metal capitanata dal corpulento vocalist Marcolin), con le lucide e sfrontate improvvisazioni degli Opeth. Un cd che sebbene sia pesante, oscuro, lento, ruvido, a volte didascalico, riesce anche a lasciare spazio alla melodia che, per dirla con l’illustre filosofo tedesco padre putativo del pessimismo, si sviluppa organicamente, sensatamente, con espressa intenzione, dal principio alla fine e che è, dal principio alla fine, un pensiero unico.

L’esecuzione musicale non è assolutamente meccanica, non è una sorta di già sentito, ma ha una propria identità, riflette un proprio senso dello stile, una propria esuberanza rugginosa nel descrivere gli stati d’animo: qualsiasi musicista avrà una sua propria interpretazione del fraseggio o del “colore” di un brano; ebbene i quattro patologi dell’esistenza, attingendo da un repertorio di formule armoniche, riescono a tracciare, a delineare quel filo sottile, quella parabola invisibile che il pendolo della nostra vita quotidianamente percorre oscillando incessantemente fra il dolore e la noia, passando per un intervallo fugace ed illusorio del piacere e della gioia.

Uno Spleen ed un Mal De Vivre che qui cantano le loro note dolenti e disperate ma inutilmente, perché di fronte ad uno spazio infinito.

Leonardo Tomei

Tracklist:

  1. What’s Done Is Done
  2. Focus
  3. Lucid Dream
  4. Inside My Soul
  5. Despised By Life
  6. Breathing In The Void
  7. The Illusion Of Reality
  8. Block
  9. Strange Thoughts
  10. I See You
  • Anno: 2024
  • Etichetta: My Kingdom Music
  • Genere: Doom Groove

Links:

Facebook

Sito Ufficiale

Instagram

YouTube

Spotify

Autore