I tre lunghi brani (più bonus track misteriosa) che compongono questo album nascono dalla stratificazione di improvvisazioni strumentali ad opera dei fratelli Lippe, colonna vertebrale della prog band Twenty Four Hours, di cui questo è, per l’appunto, un progetto parallelo. All’insegna della più spensierata libertà compositiva, ai sintetizzatori di Paolo si sovrappongono le parti di batteria del fratello Marco (anche mastermind dei thrasher Nirnaeth), con una abbondantissima glassatura di sassofoni suonati da Ruggero Condò e una spolveratina di chitarre di Antonio Paparelli, entrambi in forze nella band madre.

Il risultato? Beh, dal punto vista prettamente sonoro, abbiamo un impasto piacevole, sospeso nel tempo, al di fuori di ogni moda o tendenza, con timbri presenti e nitidi, in un clima di generale energica rilassatezza tipica di chi non ha nulla da dimostrare. E non è difficile immaginare il divertimento e la leggerezza (che, badate bene, non è certo superficialità!) con cui Paolo ha affrontato il lavoro di taglio e cucito, selezione e innesto, per dare una sorta di senso a questo minestrone, all’interno del quale sono caduti ingredienti recuperati da antiche memorie di infanzia (uova e patate!), frammenti di ascolti, citazioni e memorabilia personali. Come spesso accade in questi casi, chi se la gode davvero è chi suona, mentre l’ascoltatore subisce, abbozza, sorride e annuisce imbarazzato, impossibilitato a disprezzare un lavoro oggettivamente coerente e ben fatto, ma anche incapace di una partecipazione e di un coinvolgimento che lo spingano ad ascolti entusiasti, ripetuti e prolungati.

Tra gli elementi maggiormente capaci di attirare la mia attenzione c’è sicuramente la batteria di Marco, che non nasconde il proprio retaggio Heavy Metal, riproponendo con efficacia straniante soluzioni che diventano atipiche in un contesto “free jazz” come questo. A dire la verità, infatti, i Lippe brothers parlano di “Free Rock” e credo si possa convenire sulla pertinenza della definizione. A rendere interessante la performance ritmica, oltre a qualche passaggio dal tocco pesante e alcuni tappeti di doppia cassa, abbiamo una curiosa gestione della batteria a livello di suoni sul “Second Movement (È la vera pasta gialla)” dove le percussioni assumono un tono subacqueo e denso.

Poi vabbè, a me il sax non è mai piaciuto granché e tanto meno il suo strombazzare nervoso onnipervasivo, che gli estimatori potranno però gustare in più versioni simultaneamente, come nel “Third Movement – Scherzo Ripetitivo e Tempestoso (Including: Finale Sommesso)” che vede gli ottoni scorrazzare avanti e indietro (in due e senza casco) su entrambe le corsie stereofoniche. 

Questa non è musica che cerca ganci facili, ammiccamenti melodici o desiderio di farsi ricordare e memorizzare (in tutta sincerità, credo che neppure gli esecutori sarebbero in grado di replicare esattamente quanto inciso su disco…), ma credo vada interpretata più in maniera impressionista (o espressionista?) con macchie di colore e suggestioni che sta a noi decidere se leggere come istantanee di un pezzetto di mondo o scarabocchi casuali.

 

Marcello M

 

Tracklist:

  1. First Movement (Vulìt L’Ueìv’)
  2. Second Movement (È La Vera Pasta Gialla)
  3. Third Movement – Scherzo Ripetitivo E Tempestoso (Including: Finale Sommesso)
  • Anno: 2025
  • Etichetta: Twenty Four Hours Music
  • Genere: Free Rock, improvvisazione strumentale

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