Temevo che dischi del genere non se ne facessero più. E invece…

Ma procediamo con ordine: se anche voi non avevate mai sentito parlare dei Magia Nera nonostante la loro prima attività risalga addirittura agli ultimi anni sessanta, è perché all’epoca, perso il treno della grande occasione, sprofondarono in un letargo di alcune decadi. Ma, a quanto pare, Bruno Cencetti aveva ancora delle cosa da dire, da dire a suo modo: arrivano così, negli ultimi cinque anni, ben tre dischi, l’ultimo dei quali (il qui presente “Vlad”) è perfino accompagnato da un breve saggio “L’innocenza di Dracula: apologia di un vampiro” ad opera dello stesso autore.

Anche se viene proposto come un disco prog rock, “Vlad” non ha nulla di quella regressiva nostalgia che ci potremmo aspettare e, a dirla tutta, pure di progressive in senso stretto ce n’è proprio poco, dato che la scrittura semplice e decisa dei Magia Nera è molto più vicina ad un cantautorato sanguigno, dalle strutture elementari, lineari, piacevolmente essenziali, fatte di due o tre giri armonici a brano, evitando fughe strumentali e virtuosismi per regalarci un distillato asciutto, conciso e vibrante.

Ci tengo subito a dire che il disco mi è piaciuto molto, mi ha proprio convinto e gratificato come ascoltatore! L’immediatezza dei temi, la verità dei suoni e la personalità di Bruno non hanno avuto difficoltà nel conquistare il mio pieno apprezzamento: era da tanto che non sentivo un disco così palpitante, urgente e sincero. Non sarà nulla di particolarmente geniale e tanto meno impeccabile, ma la sua forza invincibile è l’autenticità, sancita dal talento espressivo del suo già citato “direttore artistico”, che canta, suona la chitarra e scrive tutto.

Un grande merito va anche alla produzione, che ci consegna un suono infuocato, scarno ma ipersaturo, sobrio ma pieno, con charleston e piatti sulla soglia del sovraccarico e una chitarra dal ruggito vintage, che negli assoli scrive con la mina di una matita grossa e grassa, disegnando traiettorie nette, pastose e intense.

C’è poi la voce di Bruno, che ha uno spessore e un’autorevolezza che solo l’esperienza possono dare e che, sinceramente, non siamo più abituati a sentire. Enfatico quanto basta, non scivola mai nel retorico e declama con sicurezza i propri testi in modo che, anche quando le rime si fanno più prevedibili e telefonate, la sua voce sostiene tutto e rende credibile ogni strofa.

Il primo brano adombra già magistralmente l’intero quadro, introducendo tutti gli elementi narrativi che costituiscono lo spunto originale alla base del disco, descrivendo la madre di Dracula che, vedova novella, partorisce nella decadente miseria solitaria del proprio castello un bimbo che non può allattare e ricorre così ad un fluido nutrizionale alternativo: il proprio sangue. Superata la suggestiva introduzione narrativa, abbiamo il crescendo di “Vlad il Condottiero” con i suoi accordi semplici, l’organo assertivo, la chitarra classica solista e le efficacissime melodie di strofe e ritornello, irresistibili nella loro lineare franchezza.

In “Ali Nel Buio” abbiamo atmosfere più canonicamente lugubri, con tanto di organo da film dell’orrore, per un brano morbido, cadenzato, avvolgente, dove il testo reitera un po’ gli stessi concetti che sentiremo tornare (ancora e ancora) nei vari brani: sangue, morte, inferno, notte, morsi nel collo e tutto l’armamentario vampiresco di repertorio.

Uno strumento a fiato di cui ignoro la natura ma dal timbro molto bello (mi ha ricordato i Moonspell del primo EP) introduce la canzone più radiofonica del disco: “Dolce Sentire” ha infatti la struttura italorock e le tipiche progressioni armoniche di un brano da band della festa delle scuole, eppure è vincente e godibilissima, ancora una volta grazie al contato gagliardo di Bruno Cencetti.

Basso iperdistorto per “Amore Di Una Notte”, che si alterna tra strofe pianistiche rarefatte e robusti ritornelli hard rock. Fondamentale il contributo della batteria, pestata con elegante e dinamica espressività e sempre gradevoli gli interventi solisti di chitarra e organo.

Ho trovato decisamente superfluo e fuori luogo utilizzare come intro a “Freddo Sacello” una registrazione della celebre interpretazione di Carl Orff di “O Fortuna”, dai “Carmina Burana”, che sfuma (fuori tonalità e fuori tempo) sull’inizio di quello che è un brano musicalmente molto accattivante, che si innesta sulla tradizione cantautorale popolaresca che vide in Fabrizio De André uno dei più fortunati esponenti. Nonostante sia il testo in cui troviamo le rime più forzate e stridenti, veniamo completamente rapiti dall’andamento ondeggiante del ritmo e dalla capacità affabulatoria del cantastorie, che riscattano la composizione lasciandoci un senso di appagamento.

Esplosivo l’incipit di sintetizzatore di “Frassino Nel Cuore”, che cede il passo ad una strofa che ha le cadenze quasi latineggianti di un classico di Santana (!), evocato anche dalla chitarra solista. Coinvolgenti i cantati, vigorosi e supportati da una band che pesta con forza sugli accenti. Una pregevolissima coda acustica incornicia quello che è forse il pezzo più bello del disco.

Altrettanto interessante si rivela anche “Atto Finale”, in un’alternanza di arpeggi narrati ed eruzioni rock che conducono al finale epico, con chiusa recitativa ad effetto.

Sembra strano scriverlo, dato che in teoria dovrebbe essere una cosa normale, ma mi sento di doverlo specificare: ascoltare questo disco è un’esperienza molto piacevole e gratificante.

Fatevi un regalo e compratevelo in vinile!

Marcello M

 

Tracklist:

  1. La Protogenesi (Recitativo)
  2. Vlad Il Condottiero
  3. Ali Nel Buio
  4. Dolce Sentire
  5. Amore Di Una Notte
  6. Freddo Sacello
  7. Frassino Nel Cuore
  8. Atto Finale
  • Anno: 2023
  • Etichetta: Black Widow
  • Genere: Hard Rock

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