Ognuno nella vita pensa di avere delle certezze, dei punti fissi che ritiene di aver maturato e introiettato nel corso della vita; c’è chi ha gesuccristo, chi la squadra del cuore, chi il partito, chi le palanche, chi un disco, un libro o una bottiglia di vino, ma tutti arrivano, prima o poi, a mettere in dubbio o riconsiderare tali certezze. Siamo umani, del resto, quindi penso che sia una cosa del tutto naturale. Ma cosa succede quando, messi davanti a cose o avvenimenti diversi da ciò che uno abitualmente vive, si inizia a dubitare delle cose anche più basilari, di sé e delle proprie convinzioni?

Viviamo come se fossimo protagonisti di una storia con la esse maiuscola, trascurando spesso il fatto che siamo comprimari (o comparse) in altre storie, a volte siamo gli antagonisti o addirittura i cattivi di altrettante storie e se uno si mettesse a pensare a queste cose, saremmo noi pronti a riconsiderare noi stessi oppure andremmo avanti, incuranti di tutto, anche degli insegnamenti che da questi eventi potremmo imparare?

Qual è il messaggio che vogliamo dare/lasciare al mondo, quasi certi che difficilmente saremo in grado di scalfire la superficie indifferente di questa realtà e, pur consapevoli di ciò, avere sempre questa spinta interna irrefrenabile che va oltre ogni ragionevole senso? Come si giustifica, di fatto, tutta questa elucubrazione psicologico/pirandelliana (senti là…), alla luce di quella che dovrebbe essere una semplice recensione di un disco che si discosta, molto, dai canoni abituali affrontati sulle pagine virtuali di questo sito?

La risposta è già presente proprio nell’esposizione appena argomentata: il fatto che un disco del genere (a prescindere dal gusto e/o dall’effettivo valore intrinseco, che comunque ha) abbia suscitato nell’ascoltatore occasionale più o meno avvezzo a certe sonorità una reazione così composita vi potrà far capire la forza potenziale dell’artista Solo, istrionico ed eterogeneo fautore di sonorità in bilico tra il rock diciamo tradizionale (Beatles, Suede, Husker Du, Nirvana) e sperimentazioni assolutamente personali e originali che spaziano dalla psichedelia all’indie, dall’elettronica allo shoegaze.

‘The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)’ è un oggetto strano, interessante, probabilmente estraneo a quello che il fruitore di metallo ascolti abitualmente, ma è un lavoro a cui si può dare un’occasione di ascolto perché, se proprio non vi smuoverà riflessioni profonde, sicuramente titillerà le vostre orecchie con vibrazioni nuove e fresche, assolutamente non banali o consolatorie. Viva dunque la sperimentazione, viva l’osare strade nuove liberi dai cardini autoimposti, viva l’altro da noi, con noi dentro, viva Solo!

Cristian Angelini

Tracklist:

  1. Don’t Shoot The Piano Player (It’s All In Your Head)
  2. Summer Fading (Late Love Song)
  3. Hypocrisy (It’s All I See)
  4. What’s The Topic Of The Day (Forget The Rest)
  5. Propaganda In My Eyes, Again (You’re Erased)
  6. Something (You Don’t Need)
  7. Emotional (E)states
  8. Look Out (Consumerism Will Consume You)
  9. It’s Propaganda Time! (Rejoice!)
  10. In The End (Nothing Matters)
  • Anno: 2024
  • Etichetta: Autoproduzione
  • Genere: Indie Rock Psichedelico

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